Qualcosa si è nuovamente rotto in casa Catania
21-09-2025 11:20 - Campionato
								Autore: Andrea Mazzeo
La gara di ieri contro il Sorrento doveva servire a dimostrare che la sconfitta di Cosenza era stata soltanto un incidente di percorso. Invece, la prestazione offerta dai rossazzurri ha evidenziato un quadro ben diverso: il “trend” sembra purtroppo quello già visto nella scorsa stagione.
Una partenza lanciata, l’ottimismo di poter competere per la vittoria del campionato e, improvvisamente, un tracollo verticale. E quel che è peggio non riguarda soltanto i risultati, ma anche il calo evidente nel gioco e il costante aumento degli infortuni che stanno falcidiando la rosa.
Un copione già visto dodici mesi fa, quando la squadra di Toscano aveva raccolto 8 punti nelle prime cinque giornate (appena due in meno di quest’anno), con una lista di indisponibili che iniziava a crescere. Dopo la sconfitta per 3-2 a Giugliano, gli infortunati erano già quattro: Adamonis, De Rose, Di Tacchio e Popovic.
La gara di ieri ha mostrato l’ennesimo Catania senza mordente sin dalle prime battute, imbrigliato dal gioco ordinato e a tratti brillante del Sorrento di Mirko Conte, capace di gestire il pallone con sicurezza. È proprio questa capacità di palleggio che, paradossalmente, era stata una delle armi principali del Catania nelle prime giornate e che ora sembra svanita.
La problematica più evidente è che questa squadra è irrimediabilmente prevedibile. Quando affronta avversarie che giocano con una mediana a cinque, va in difficoltà, non riuscendo a sviluppare una manovra corale degna di nota. Il gioco si riduce a lanci lunghi e poco costruttivi, nella speranza che Cicerelli possa inventare qualcosa e accendere la fase offensiva.
Ma non si può chiedere al solo numero 10 di caricarsi sulle spalle la fantasia di tutta la squadra. Non a caso, nel corso della gara, l’ex Ternana è apparso persino frustrato dalla scarsa partecipazione dei compagni di reparto.
Senza Donnarumma, ennesima defezione di stagione, la fascia sinistra è stata sostenuta quasi esclusivamente da Cicerelli. Celli ha spinto in maniera discontinua, temendo di essere infilato nella corsa da Piras. Dall’altra parte, la corsia di destra è sembrata completamente abulica: Casasola ha offerto la sua peggior prestazione stagionale, mentre Jimenez ha continuato a non trovare una collocazione precisa, più impegnato a lamentarsi con i compagni per i passaggi sbagliati che a cercare giocate illuminanti per Forte.
Il reparto offensivo, affidato quasi esclusivamente al numero 32, è apparso totalmente sterile. Harrasser, portiere del Sorrento, è stato praticamente uno spettatore non pagante, eccezion fatta per l’ottimo intervento sulla sforbiciata di Di Tacchio nel primo tempo.
L’unico reparto che ha dato qualche certezza è stato quello difensivo. Tuttavia resta il dubbio se la solidità mostrata sia merito della retroguardia o conseguenza della scarsa incisività offensiva degli avversari. A salvare il salvabile è stata soprattutto la parata di Dini sul rigore di D’Ursi, che ha evitato una sconfitta che avrebbe potuto avere effetti devastanti.
Il problema tattico è evidente. Il Catania è una squadra facilmente leggibile, incapace di cambiare passo a partita in corso, prigioniera di un 3-4-2-1 che Toscano non sembra voler o riuscire a modificare in base alle necessità.
Le dichiarazioni del tecnico nel dopogara, incentrate sulla “mancanza del guizzo”, sono apparse poco pertinenti rispetto a quanto visto sul campo, dove la squadra ha espresso zero idee e zero intensità.
A tutto questo si aggiunge il tema degli infortuni, che sembra diventato quasi un tabù. Porsi delle domande sulla gestione fisica dei giocatori, a Catania, viene percepito come una sorta di “lesa maestà”, ma la realtà è che il problema è ormai clamorosamente evidente.
La sensazione, sempre più netta, è che la società non stia imparando dai propri errori. Gli stessi problemi che avevano caratterizzato la scorsa stagione stanno emergendo di nuovo, in maniera ciclica.
Mentre le dirette concorrenti sembrano aver trovato continuità e ritmo, il Catania si trova a fare i conti con una crisi tecnica e di risultati. Le prossime due trasferte contro Trapani e Cerignola diventano così decisive. Nel derby, peraltro, Toscano non potrà sedere in panchina per squalifica, un’assenza che peserà non poco.
Il recupero di qualche infortunato appare difficile, se non impossibile. Le assenze di Martic, Aloi, Donnarumma, D’Ausilio, Rolfini e Caturano costringeranno il tecnico a schierare sempre gli stessi uomini, aumentando il rischio di nuovi stop fisici a causa dei troppi impegni ravvicinati.
Un circolo vizioso che rischia di bruciare in poche settimane quanto di buono era stato costruito nelle prime tre giornate.
La situazione è chiara a tutti: serve un cambio di registro, e subito. Non bastano alibi o dichiarazioni di facciata, né frasi generiche come “mancanza di guizzi” o “mentalità migliorata”.
La piazza è stanca e non ha intenzione di rivivere un’altra stagione fotocopia della precedente. A Trapani sarà necessario scendere in campo con grinta, lucidità e spirito di sacrificio.
Il problema più grande di questo Catania sembra essere la negazione della realtà. Se si vuole davvero trovare la “cura” tanto evocata ad ogni partita, bisogna iniziare con un bagno di umiltà, ponendosi le domande giuste e affrontando di petto i problemi.
Un altro progetto fallimentare non è accettabile. Catania e i catanesi lo pretendono.
Una partenza lanciata, l’ottimismo di poter competere per la vittoria del campionato e, improvvisamente, un tracollo verticale. E quel che è peggio non riguarda soltanto i risultati, ma anche il calo evidente nel gioco e il costante aumento degli infortuni che stanno falcidiando la rosa.
Un copione già visto dodici mesi fa, quando la squadra di Toscano aveva raccolto 8 punti nelle prime cinque giornate (appena due in meno di quest’anno), con una lista di indisponibili che iniziava a crescere. Dopo la sconfitta per 3-2 a Giugliano, gli infortunati erano già quattro: Adamonis, De Rose, Di Tacchio e Popovic.
La gara di ieri ha mostrato l’ennesimo Catania senza mordente sin dalle prime battute, imbrigliato dal gioco ordinato e a tratti brillante del Sorrento di Mirko Conte, capace di gestire il pallone con sicurezza. È proprio questa capacità di palleggio che, paradossalmente, era stata una delle armi principali del Catania nelle prime giornate e che ora sembra svanita.
La problematica più evidente è che questa squadra è irrimediabilmente prevedibile. Quando affronta avversarie che giocano con una mediana a cinque, va in difficoltà, non riuscendo a sviluppare una manovra corale degna di nota. Il gioco si riduce a lanci lunghi e poco costruttivi, nella speranza che Cicerelli possa inventare qualcosa e accendere la fase offensiva.
Ma non si può chiedere al solo numero 10 di caricarsi sulle spalle la fantasia di tutta la squadra. Non a caso, nel corso della gara, l’ex Ternana è apparso persino frustrato dalla scarsa partecipazione dei compagni di reparto.
Senza Donnarumma, ennesima defezione di stagione, la fascia sinistra è stata sostenuta quasi esclusivamente da Cicerelli. Celli ha spinto in maniera discontinua, temendo di essere infilato nella corsa da Piras. Dall’altra parte, la corsia di destra è sembrata completamente abulica: Casasola ha offerto la sua peggior prestazione stagionale, mentre Jimenez ha continuato a non trovare una collocazione precisa, più impegnato a lamentarsi con i compagni per i passaggi sbagliati che a cercare giocate illuminanti per Forte.
Il reparto offensivo, affidato quasi esclusivamente al numero 32, è apparso totalmente sterile. Harrasser, portiere del Sorrento, è stato praticamente uno spettatore non pagante, eccezion fatta per l’ottimo intervento sulla sforbiciata di Di Tacchio nel primo tempo.
L’unico reparto che ha dato qualche certezza è stato quello difensivo. Tuttavia resta il dubbio se la solidità mostrata sia merito della retroguardia o conseguenza della scarsa incisività offensiva degli avversari. A salvare il salvabile è stata soprattutto la parata di Dini sul rigore di D’Ursi, che ha evitato una sconfitta che avrebbe potuto avere effetti devastanti.
Il problema tattico è evidente. Il Catania è una squadra facilmente leggibile, incapace di cambiare passo a partita in corso, prigioniera di un 3-4-2-1 che Toscano non sembra voler o riuscire a modificare in base alle necessità.
Le dichiarazioni del tecnico nel dopogara, incentrate sulla “mancanza del guizzo”, sono apparse poco pertinenti rispetto a quanto visto sul campo, dove la squadra ha espresso zero idee e zero intensità.
A tutto questo si aggiunge il tema degli infortuni, che sembra diventato quasi un tabù. Porsi delle domande sulla gestione fisica dei giocatori, a Catania, viene percepito come una sorta di “lesa maestà”, ma la realtà è che il problema è ormai clamorosamente evidente.
La sensazione, sempre più netta, è che la società non stia imparando dai propri errori. Gli stessi problemi che avevano caratterizzato la scorsa stagione stanno emergendo di nuovo, in maniera ciclica.
Mentre le dirette concorrenti sembrano aver trovato continuità e ritmo, il Catania si trova a fare i conti con una crisi tecnica e di risultati. Le prossime due trasferte contro Trapani e Cerignola diventano così decisive. Nel derby, peraltro, Toscano non potrà sedere in panchina per squalifica, un’assenza che peserà non poco.
Il recupero di qualche infortunato appare difficile, se non impossibile. Le assenze di Martic, Aloi, Donnarumma, D’Ausilio, Rolfini e Caturano costringeranno il tecnico a schierare sempre gli stessi uomini, aumentando il rischio di nuovi stop fisici a causa dei troppi impegni ravvicinati.
Un circolo vizioso che rischia di bruciare in poche settimane quanto di buono era stato costruito nelle prime tre giornate.
La situazione è chiara a tutti: serve un cambio di registro, e subito. Non bastano alibi o dichiarazioni di facciata, né frasi generiche come “mancanza di guizzi” o “mentalità migliorata”.
La piazza è stanca e non ha intenzione di rivivere un’altra stagione fotocopia della precedente. A Trapani sarà necessario scendere in campo con grinta, lucidità e spirito di sacrificio.
Il problema più grande di questo Catania sembra essere la negazione della realtà. Se si vuole davvero trovare la “cura” tanto evocata ad ogni partita, bisogna iniziare con un bagno di umiltà, ponendosi le domande giuste e affrontando di petto i problemi.
Un altro progetto fallimentare non è accettabile. Catania e i catanesi lo pretendono.









