Gennaro Monaco: “Catania è casa mia, quel legame non finirà mai”
12-11-2025 15:10 - Campionato
Autore: Redazione
Nella splendida cornice del Max Sporting Club di Napoli, i colleghi di Tuttocampo.it hanno incontrato Gennaro Monaco, ex difensore del Catania e uno dei giocatori più amati della storia recente rossazzurra. Con la maglia etnea ha vissuto cinque stagioni intense, conquistando due promozioni e un posto tra gli “immortali” della storia del club.
“Il segreto dei nostri successi? Senza dubbio il calore della gente, della città, la tifoseria – racconta Monaco –. A Catania si respira calcio dalla mattina alla sera, è come Napoli: qualcosa di fantastico. Giocare al Massimino ti inebria, ti contagia. Indossi una maglia che per la gente è sacra, come Sant’Agata. Noi vivevamo in simbiosi con i tifosi, ci vedevamo anche fuori dal campo, a pranzo e a cena insieme. Loro ci facevano capire quanto fosse importante il Catania ogni singolo giorno.”
Parlando della storica promozione in Serie B, Monaco non nasconde l’emozione: “A Taranto è stata apoteosi. Non eravamo favoriti, ma eravamo un gruppo granitico. Dopo la delusione con il Messina dell’anno prima, sapevamo che non potevamo sbagliare. Quella partita l’abbiamo vinta con il cuore, con l’amor proprio, con la forza di un gruppo che si stimava e si voleva bene.”
Fuori dallo stadio “Angelo Massimino” campeggia un murales che lo ritrae tra gli ex immortali. “Quel murales è come vincere le Olimpiadi – spiega –. Essere accostato a Ranieri, Di Marzio e Massimino è un onore immenso. A Catania e ad Aci Trezza mi sento ancora a casa. Quando torno, la gente mi accoglie come se fossi uno di loro, ed è una sensazione unica.”
Monaco ha poi parlato del momento in cui suo figlio Salvatore ha indossato la maglia del Catania, scrivendo una nuova pagina della storia familiare. “Ho pianto – confessa –. Non pensavo che potesse succedere. Ringrazio Lucarelli e Zeoli che lo hanno voluto. Ha dato tutto, vincendo anche la Coppa Italia contro il Padova. Rivederlo con quella maglia, dove da bambino faceva il raccattapalle, è stato indescrivibile.”
Ancora oggi, Gennaro Monaco resta legato alla città e ai suoi tifosi. “Catania è una parte di me – conclude –. È una città che ti entra dentro e non ti lascia più. Quando torno lì, mi sento ancora un calciatore rossazzurro.”
“Il segreto dei nostri successi? Senza dubbio il calore della gente, della città, la tifoseria – racconta Monaco –. A Catania si respira calcio dalla mattina alla sera, è come Napoli: qualcosa di fantastico. Giocare al Massimino ti inebria, ti contagia. Indossi una maglia che per la gente è sacra, come Sant’Agata. Noi vivevamo in simbiosi con i tifosi, ci vedevamo anche fuori dal campo, a pranzo e a cena insieme. Loro ci facevano capire quanto fosse importante il Catania ogni singolo giorno.”
Parlando della storica promozione in Serie B, Monaco non nasconde l’emozione: “A Taranto è stata apoteosi. Non eravamo favoriti, ma eravamo un gruppo granitico. Dopo la delusione con il Messina dell’anno prima, sapevamo che non potevamo sbagliare. Quella partita l’abbiamo vinta con il cuore, con l’amor proprio, con la forza di un gruppo che si stimava e si voleva bene.”
Fuori dallo stadio “Angelo Massimino” campeggia un murales che lo ritrae tra gli ex immortali. “Quel murales è come vincere le Olimpiadi – spiega –. Essere accostato a Ranieri, Di Marzio e Massimino è un onore immenso. A Catania e ad Aci Trezza mi sento ancora a casa. Quando torno, la gente mi accoglie come se fossi uno di loro, ed è una sensazione unica.”
Monaco ha poi parlato del momento in cui suo figlio Salvatore ha indossato la maglia del Catania, scrivendo una nuova pagina della storia familiare. “Ho pianto – confessa –. Non pensavo che potesse succedere. Ringrazio Lucarelli e Zeoli che lo hanno voluto. Ha dato tutto, vincendo anche la Coppa Italia contro il Padova. Rivederlo con quella maglia, dove da bambino faceva il raccattapalle, è stato indescrivibile.”
Ancora oggi, Gennaro Monaco resta legato alla città e ai suoi tifosi. “Catania è una parte di me – conclude –. È una città che ti entra dentro e non ti lascia più. Quando torno lì, mi sento ancora un calciatore rossazzurro.”









