Ci sono partite che, sulla carta, sembrano ordinarie. E poi ci sono quelle che diventano straordinariamente pesanti per ciò che accade attorno, per il clima, per il contesto, per ciò che rappresentano oltre i tre punti. La sfida di domenica contro l’Altamura appartiene senza dubbio alla seconda categoria. Una gara che nessuno avrebbe immaginato così densa di significati, e che invece si presenta come un crocevia già decisivo nella corsa del Catania alla Serie B.
In meno di una settimana, il mondo rossazzurro ha vissuto tutte le stagioni emotive: entusiasmo, frustrazione, speranza, inquietudine. Dalla conquista di Torre del Grifo — simbolo di ambizione e di identità — si è passati all’amarezza di Caserta, dove due punti sono evaporati tra una sciagurata espulsione e un rigore che continuerà a far discutere. E proprio quando il vento sembrava pronto a cambiare direzione, la classifica decide di dare una mano, congelando distanze e gerarchie grazie ai pareggi delle dirette concorrenti.
Un assestamento momentaneo, sufficiente per respirare. Ma il respiro è durato poco. Perché ieri sono arrivate due onde che hanno sbattuto forte sulla prua della nave etnea: le quattro giornate di squalifica inflitte a Ierardi e l’annuncio dell’imminente intervento chirurgico per Salvatore Aloi. Due tegole pesanti, di quelle che mettono alla prova la compattezza di un gruppo e la lucidità di un allenatore. E soprattutto due assenze che toccano i reparti nevralgici: difesa e centrocampo.
Il Catania si ritrova così a dover ridisegnare scelte e gerarchie in un momento in cui la continuità avrebbe fatto comodo. L’idea che la sfida all’Altamura potesse essere una tappa interlocutoria evapora rapidamente. I pugliesi arrivano al “Massimino” con sette punti in tre partite, con entusiasmo crescente e con la leggerezza di chi non ha nulla da perdere. Il Catania, invece, ha tutto da proteggere: la rincorsa alla vetta, l’identità ritrovata, l’autostima costruita con fatica.
E allora diventa inevitabile il bivio: trasformare le avversità in carburante o lasciarsi frenare da esse. Toscano dovrà fare scelte coraggiose, anche impopolari. Decidere se affidarsi a Pieraccini non ancora al top o gettare Allegretto nella mischia. Rimodellare la mediana senza Aloi e senza alternative pronte, con Di Tacchio e Quaini che portano sulle spalle diffide e chilometri. E, forse, aprire finalmente la porta ai giovani: Forti, Quiroz, Chilafi. Ragazzi che aspettano il loro momento e che ora potrebbero diventare una necessità.
Domenica, insomma, non è una partita come le altre. È una prova di maturità, di personalità, di tenuta mentale. È il tipo di gara che dice più della classifica, più dei moduli, più degli episodi. Perché è proprio nelle settimane complicate, nelle emergenze, nelle ferite aperte, che si misura la stoffa delle squadre che vogliono fare il salto.
Se il Catania vuole davvero puntare alla Serie B — e tutto, dall’ambizione societaria alla qualità della rosa, dice che può farlo — deve dimostrarlo adesso. Contro avversari in fiducia, contro le assenze, contro la sfortuna, contro tutto ciò che sembra remare contro.
È in momenti come questi che si riconoscono le squadre "da promozione": quelle che resistono alla mareggiata e continuano a puntare dritte verso l’orizzonte.
Il porto sicuro è ancora lontano. Ma domenica capiremo se la rotta è davvero quella giusta.